Piazza del Plebiscito (già Largo di Palazzo o Foro Regio) è una piazza di Napoli posizionata a termine di via Toledo, non appena oltrepassata piazza Trieste e Trento.
Ubicata nel centro storico, tra il lungomare e via Toledo, con una superficie di circa 25 000 metri quadrati la piazza si presenta come una delle più grandi della città e d'Italia e per questo è quella più utilizzata per le grandi manifestazioni.La piazza del Plebiscito fu per secoli uno slargo irregolare, dove si svolgevano le feste popolari attorno alle cosiddette macchine da festa, che venivano periodicamente innalzate da grandi architetti (famose quelle diFerdinando Sanfelice e di Francesco Maresca).
Veduta del Largo di Palazzo, Gaspar van Wittel, palazzo Zevallos, Napoli. Si noti la forma irregolare propria della piazza, prima della costruzione della basilica.
Solo dall'inizio del Seicento in poi fu gradatamente "regolarizzata", anche a causa della costruzione del nuovo palazzo Reale, opera di Domenico Fontana. A questa graduale trasformazione si successero, dalla metà del Settecento in poi, degli interventi sempre più radicali, attuati dagli architetti che lavoravano sulla vicina residenza reale.
Fu solo all'inizio dell'Ottocento, durante il periodo napoleonico, che la piazza cambiò completamente volto. Per ordine dei monarchi francesi, essa fu interamente ridisegnata e ripensata: furono demoliti i due edifici religiosi che ne limitavano lo spazio ed impedivano di inserirla al meglio nel contesto urbano circostante: la chiesa di San Luigi di Palazzo e la chiesa di Santo Spirito. In luogo di essi vennero eretti palazzi di stato, a cornice del famoso emiciclo dorico in pietra lavica e marmo, voluto da Gioacchino Muratsu disegno di Leopoldo Laperuta, al centro del quale avrebbe dovuto essere un altro edificio civile, consacrato ai fasti dei napoleonidi.
Una riproduzione che descriva l'aspetto della piazza, lo si può intravedere da diversi dipinti paesaggistici di Napoli. Per esempio la Veduta del largo di palazzo, di Gaspar van Wittel (dipinto oggi conservato al palazzo Zevallos di Napoli), grazie al quale si può notare anche l'ubicazione originaria della fontana del Gigante, oggi in via Partenope.
Il nome di piazza del Plebiscito fu scelto dopo che, il 21 ottobre 1860, un plebiscito aveva decretato l'annessione del Regno delle due Sicilie al regno di Sardegna.
Nel 1885 al centro della piazza venne installata una monumentale fontana disegnata da Federico Travaglini per inaugurare il nuovo acquedotto del Serino. La fontana, in seguito smontata, ritornò nella piazza cento anni dopo, nel 1985, in occasione del centenario dell'inaugurazione dell'acquedotto e anche questa volta la fontana dopo l'anniversario scomparve.
Nel 1963 un'ordinanza comunale trasformò la piazza in un parcheggio pubblico per far fronte all'incremento incontrollato di autovetture in città. La piazza rimase così deturpata fino a quando nel 1994, in occasione del vertice dei G7, la giunta Bassolino le restituì dignità pedonalizzandola in toto.
La piazza è circondata da importanti edifici storici della città:
Non molto distanti vi sono altri imponenti monumenti di Napoli, come l'adiacente teatro San Carlo, la galleria Umberto I ed il Maschio Angioino. Inoltre dalla piazza è visibile in alto la collina di san Martino al Vomero sulla quale sorgono la certosa di San Martino ed il castel Sant'Elmo.
Piazza del Plebiscito oggi si collega alla sottostante via Ferdinando Acton mediante l'ascensore Acton, il cui utilizzo è gratuito e la cui gestione è affidata all'azienda napoletana mobilità (ANM).
Essa si sviluppa su un ampio spazio che vede sul lato ovest un colonnato al centro del colonnato spicca labasilica di san Francesco di Paola, che ne è l'elemento dominante e fu eretta da Ferdinando I, come ex voto per aver riconquistato il regno dopo il decennio di dominio francese. Di fronte all'edificio di culto, invece, c'è il palazzo Reale.
La piazza vista dal colonnato della basilica, verso il palazzo Reale e palazzo Salerno
La basilica, commissionata a Pietro Bianchi nel 1817, fu completata nel 1846, nei modi più aggiornati del neoclassicismo il quale si sviluppò e vide i suoi massimi esponenti proprio in città e nel regno delle due Sicilie grazie a personalità del calibro di Luigi Vanvitelli. Il modello di riferimento della chiesa fu quello delle forme del Pantheon romano. All'interno è abbellita da statue e dipinti coevi, ad eccezione del seicentesco altare maggiore e da alcune tele prelevate da luoghi di culto pre-esistenti sul vecchio slargo.
Isolate sulla piazza, di fronte alla Basilica, s'innalzano le statue equestri di Carlo III di Borbone (iniziatore della dinastia borbonica) e di suo figlio Ferdinando I. La prima è opera di Antonio Canova che eseguì il lavoro in un arco cronologico compreso fra il 1816 ed il 1822, anno della morte dell'artista; la seconda, non potendo essere eseguita per intero dallo scultore veneto a causa della sua morte, vede per quel che riguarda il cavallo l'effettiva attribuzione al Canova, mentre il re che lo cavalca fu scolpito dall'allievo Antonio Calì. Le sculture furono commissionate per celebrare il ritorno della dinastia borbonica dopo la parentesi napoleonica.
Ubicata nel centro storico, tra il lungomare e via Toledo, con una superficie di circa 25 000 metri quadrati la piazza si presenta come una delle più grandi della città e d'Italia e per questo è quella più utilizzata per le grandi manifestazioni.La piazza del Plebiscito fu per secoli uno slargo irregolare, dove si svolgevano le feste popolari attorno alle cosiddette macchine da festa, che venivano periodicamente innalzate da grandi architetti (famose quelle diFerdinando Sanfelice e di Francesco Maresca).
Veduta del Largo di Palazzo, Gaspar van Wittel, palazzo Zevallos, Napoli. Si noti la forma irregolare propria della piazza, prima della costruzione della basilica.
Solo dall'inizio del Seicento in poi fu gradatamente "regolarizzata", anche a causa della costruzione del nuovo palazzo Reale, opera di Domenico Fontana. A questa graduale trasformazione si successero, dalla metà del Settecento in poi, degli interventi sempre più radicali, attuati dagli architetti che lavoravano sulla vicina residenza reale.
Fu solo all'inizio dell'Ottocento, durante il periodo napoleonico, che la piazza cambiò completamente volto. Per ordine dei monarchi francesi, essa fu interamente ridisegnata e ripensata: furono demoliti i due edifici religiosi che ne limitavano lo spazio ed impedivano di inserirla al meglio nel contesto urbano circostante: la chiesa di San Luigi di Palazzo e la chiesa di Santo Spirito. In luogo di essi vennero eretti palazzi di stato, a cornice del famoso emiciclo dorico in pietra lavica e marmo, voluto da Gioacchino Muratsu disegno di Leopoldo Laperuta, al centro del quale avrebbe dovuto essere un altro edificio civile, consacrato ai fasti dei napoleonidi.
Una riproduzione che descriva l'aspetto della piazza, lo si può intravedere da diversi dipinti paesaggistici di Napoli. Per esempio la Veduta del largo di palazzo, di Gaspar van Wittel (dipinto oggi conservato al palazzo Zevallos di Napoli), grazie al quale si può notare anche l'ubicazione originaria della fontana del Gigante, oggi in via Partenope.
Il nome di piazza del Plebiscito fu scelto dopo che, il 21 ottobre 1860, un plebiscito aveva decretato l'annessione del Regno delle due Sicilie al regno di Sardegna.
Nel 1885 al centro della piazza venne installata una monumentale fontana disegnata da Federico Travaglini per inaugurare il nuovo acquedotto del Serino. La fontana, in seguito smontata, ritornò nella piazza cento anni dopo, nel 1985, in occasione del centenario dell'inaugurazione dell'acquedotto e anche questa volta la fontana dopo l'anniversario scomparve.
Nel 1963 un'ordinanza comunale trasformò la piazza in un parcheggio pubblico per far fronte all'incremento incontrollato di autovetture in città. La piazza rimase così deturpata fino a quando nel 1994, in occasione del vertice dei G7, la giunta Bassolino le restituì dignità pedonalizzandola in toto.
La piazza è circondata da importanti edifici storici della città:
Non molto distanti vi sono altri imponenti monumenti di Napoli, come l'adiacente teatro San Carlo, la galleria Umberto I ed il Maschio Angioino. Inoltre dalla piazza è visibile in alto la collina di san Martino al Vomero sulla quale sorgono la certosa di San Martino ed il castel Sant'Elmo.
Piazza del Plebiscito oggi si collega alla sottostante via Ferdinando Acton mediante l'ascensore Acton, il cui utilizzo è gratuito e la cui gestione è affidata all'azienda napoletana mobilità (ANM).
Essa si sviluppa su un ampio spazio che vede sul lato ovest un colonnato al centro del colonnato spicca labasilica di san Francesco di Paola, che ne è l'elemento dominante e fu eretta da Ferdinando I, come ex voto per aver riconquistato il regno dopo il decennio di dominio francese. Di fronte all'edificio di culto, invece, c'è il palazzo Reale.
La piazza vista dal colonnato della basilica, verso il palazzo Reale e palazzo Salerno
La basilica, commissionata a Pietro Bianchi nel 1817, fu completata nel 1846, nei modi più aggiornati del neoclassicismo il quale si sviluppò e vide i suoi massimi esponenti proprio in città e nel regno delle due Sicilie grazie a personalità del calibro di Luigi Vanvitelli. Il modello di riferimento della chiesa fu quello delle forme del Pantheon romano. All'interno è abbellita da statue e dipinti coevi, ad eccezione del seicentesco altare maggiore e da alcune tele prelevate da luoghi di culto pre-esistenti sul vecchio slargo.
Isolate sulla piazza, di fronte alla Basilica, s'innalzano le statue equestri di Carlo III di Borbone (iniziatore della dinastia borbonica) e di suo figlio Ferdinando I. La prima è opera di Antonio Canova che eseguì il lavoro in un arco cronologico compreso fra il 1816 ed il 1822, anno della morte dell'artista; la seconda, non potendo essere eseguita per intero dallo scultore veneto a causa della sua morte, vede per quel che riguarda il cavallo l'effettiva attribuzione al Canova, mentre il re che lo cavalca fu scolpito dall'allievo Antonio Calì. Le sculture furono commissionate per celebrare il ritorno della dinastia borbonica dopo la parentesi napoleonica.